Come educare il Maltese al richiamo
Tutti i proprietari di cani vorrebbero il loro peloso rispondere all’istante al richiamo. Che non si distraesse per milioni di motivi e che fosse quindi sempre pronto a mollare tutto per correre come un fulmine al semplice comando “vieni”.
Spesso le cose non vanno però così: ci sono invece migliaia di conduttori che non lasciano mai libero il loro cane perché consapevoli della furiosa battaglia che si scatenerebbe per riacciuffarli.
Oltre a essere indispensabile per poter affrontare tutte le situazioni quotidiane, il perfetto richiamo dà anche un senso al binomio cane/uomo: possedere un cane che nemmeno viene quando chiamato è fonte di fortissimo stress per il proprietario che molto spesso non capisce come mai, nonostante l’amore che lo lega al quadrupede, questo debba sempre preferire qualsiasi altra cosa al mondo tranne che chi lo cura e gestisce con cosi tanta passione.
Il proprietario dovrà invece arrivare a un controllo totale del cane attraverso il richiamo: dovrà essere cioè in grado di interrompere qualsiasi azione dell’animale e avere la sua massima attenzione per eseguire il comando successivo al richiamo.
Questa condizione è ottenuta molto raramente dai padroni dei cani ed è per questa ragione che spesso sorgono problemi comportamentali difficilmente risolvibili. Un controllo è tanto più efficace, quanto più profondi sono la fiducia e il rispetto che il cane ha nei confronti del suo padrone.
La fiducia e il rispetto non sono dovuti, si devono conquistare sul campo, sono condizioni che nascono e si fissano durante la vita quotidiana con la coerenza comportamentale e la semplicità del linguaggio.
Un buon risultato in questo ambito si può ottenere solo a patto che siano soddisfatte le seguenti condizioni:
- La relazione cane/conduttore deve essere corretta e funzionale per entrambi;
- Il cane deve essere ben socializzato sia con la specie umana che con i suoi simili;
- Occorre che sia stata effettuata, nella fase sensibile di crescita, una completa esposizione a luoghi, situazioni, rumori e odori il più possibile diversi, affinché il cane sia abituato a qualsiasi tipo di disturbo ambientale.
L’insegnamento pratico del richiamo è semplicissimo: il cane apprende facilmente per associazione quindi dovremo associare al richiamo tre aspetti fondamentali.
- il piacere di raggiungerci dopo essere stati chiamati
- il “dispiacere” o meglio l’ansia d’abbandono che dobbiamo far provare al cane che invece fa orecchie da mercante
- l’uso del guinzaglio per rafforzare il concetto e’ chiaro che la cosa sarà tanto più semplice quanto prima inizieremo.
Il cucciolo, fino ai tre mesi circa, viene sempre spontaneamente appena lo chiamiamo (basta anche solo accovacciarsi) ma attenzione perché lo fa con chiunque si dimostri per lui interessante.
Nelle prime piccole passeggiate vi accorgerete che ogni passante, umano o meno che sia, sarà sempre raggiunto prontamente alla ricerca della novità.
Crescendo, invece, il cucciolo entrerà nella fase del “che bellissimo gioco è allontanarsi ogni volta che il mio padrone mi chiama, sono più veloce di lui e col cavolo che mi prende”.
C’è poi il caso, frequentissimo, del proprietario che chiama il cane per sgridarlo per qualche marachella…..questo è il miglior sistema per perdere il richiamo che dovrà SEMPRE essere associato, una volta eseguito, con qualcosa di piacevole.
Inizialmente porteremo il nostro amico in un ambiente conosciuto e non troppo ricco di stimoli, evitando luoghi frequentati quotidianamente, come il proprio giardino, ecc…
Per qualche minuto lo lasceremo tranquillo e libero di soddisfare la propria curiosità.
Quando il cane sarà impegnato in una azione qualsiasi in cui noi non siamo coinvolti, lo chiameremo con l’ordine “vieni” con voce molto invitante e ci accucceremo.
NON si chiama il cane usando solo il nome dello stesso: il nome del cane è usato centinaia di volte durante la giornata (Lucky ha fatto questo, guarda Lucky cosa sta facendo, ho portato Lucky dal veterinario ecc…)
Il cane, dopo un po’ si assuefarà a questo nome non prestandovi più la giusta attenzione.
Appena il cane arriva, (se arriva) pronunciamo un “Bravo!”. Oppure qualsiasi altro segnale verbale analogo che ci viene spontaneo e SOLO DOPO LA NOSTRA GRATIFICAZIONE VERBALE premiamolo generosamente con un bocconcino a lui particolarmente gradito o il suo giochino preferito.
Il cane deve associare l’essere venuto al nostro premio verbale e alla nostra carezza NON al premio materiale che è solo un rafforzativo.
E’ fondamentale non adescare il cane; non chiamiamolo facendogli vedere il premio, così eviteremo pericolose dipendenze.
Il concetto è: vieni perché ti ho chiamato e riceverai parole dolci e coccole (e lui vive per questo) ma QUALCHE VOLTA troverai addirittura una sorpresa molto gradita.
Siccome la motivazione e l’interesse verso di noi devono rimanere sempre a livelli molto alti, variamo frequentemente il tipo di gratificazione, pur rimanendo fra quelle più gradite.
In tal modo faremo in modo di non diventare mai prevedibili per il nostro cane. In altre parole: se impiego sempre come gratificazione il suo cibo preferito, inevitabilmente col tempo la motivazione sarà destinata a diminuire, e contemporaneamente il cane saprà cosa aspettarsi da me, quindi in una situazione molto interessante, come quella ad esempio in cui sono presenti altri cani, potrebbe scegliere di ignorare del tutto il mio richiamo (e me).
Al contrario, imporre variabilità ai premi, è un fattore che contribuisce a mantenere la curiosità e la motivazione del cane nei confronti del proprietario sempre molto alta nel tempo.
Un altro elemento da tenere sempre in considerazione è il fattore tempo e livello di attenzione: non chiamiamo il cane ogni due minuti e soprattutto NON chiamiamo il cane per fermare ogni sua azione che secondo noi è scorretta.
Quante volte si sentono proprietari chiamare il cane perché, per esempio, sta saltando sulle gambe della vecchietta che non gradisce o dimostra un particolare interesse per le nostre rose amorevolmente curate.
Il richiamo serve a far venire il cane da noi (certo anche per distrarlo da azioni scorrette) ma non per l’interruzione delle azioni scorrette, che prevede un altro comando.
E infine non chiamiamo il cane facendogli associare al nostro richiamo l’interruzione di una cosa per lui piacevole: è comune la situazione in cui si porta il cane al parco, lo si lascia libero di giocare con i suoi simili, di annusare ovunque voglia, come pure di divertirsi cercando palline o altro.
Ecco che infine lo si chiama poiché è giunta l’ora di tornare a casa, e lui a questo punto che fa? Non viene! Ma va?
In effetti il suo comportamento è assolutamente coerente e prevedibile, avendo associato il richiamo alla fine del suo divertimento.
Cosa può spingerlo, infatti, a rinunciare a una situazione altamente motivante come il divertirsi libero nel verde per passare a una decisamente meno gratificante come tornarsene alla monotonia della casa?
In questi casi si procede così: si chiama il cane, lo si gratifica, gli si mette il guinzaglio e si aspetta un po’ di tempo, giocando con lui, in modo da far dimenticare l’associazione richiamo/fine gioco.
In alcuni casi è opportuno lasciarlo nuovamente libero di tornare alle sue faccende dopo il richiamo ben eseguito. Entro breve tempo il cane avrà una concezione diversa del richiamo, così avremo corretto un’associazione mentale indesiderata.
Vediamo ora l’associazione mancato richiamo/ansia da abbandono
Il concetto è semplicissimo e l’esecuzione di questo esercizio prevede risultati garantiti (ovviamente, come detto, in relazione all’età del cane quindi ci si riferirà al cucciolo).
Dovremo portare il nostro amico in passeggiata in luogo assolutamente non frequentato e lontano da pericoli.
Dopo averlo liberato dal guinzaglio gli permetteremo di fare ciò che più gli piace camminando in ASSOLUTO silenzio.
Se il cucciolo si allontana davanti a noi cambieremo il senso di marcia, senza parlare, allontanandoci. Se il cucciolo rimane indietro continueremo a camminare.
Dobbiamo generare in lui l’associazione: se mi distraggo troppo, la distanza che mi separa dal mio leader aumenta.
Ma arriviamo alla parte più proficua per il richiamo: approfitteremo di una distrazione importante del nostro cucciolo per sparire dalla sua vista nascondendoci.
Considerando che il cane, e il cucciolo in particolare, non ci vede benissimo, ma capta ogni minimo movimento, non servirà un nascondiglio particolarmente sofisticato.
Basterà rimanere immobili dietro un albero e il gioco è fatto. Il cucciolo dopo un po’, non vedendoci, andrà in cosiddetto “stress da abbandono” e ci cercherà in maniera frenetica pieno di ansia e paura di averci perso. Quando riterremo quest’ansia sufficiente lo chiameremo pronunciando una sola volta la parola “vieni”.
Il cucciolo saprà che ci siamo ma ovviamente non ci vede e quindi ricomincerà a cercarci, nuovamente in ansia. E noi ripeteremo il “vieni”.
L’esercizio si conclude quando, dopo qualche minuto, condurremo il cucciolo sin da noi ripetendo il “vieni, e una volta ricongiunti RIPRENDEREMO a camminare senza proferire parola.
Il cucciolo assocerà, in breve tempo, il termine della sua ansia con l’aver ritrovato il padroncino e, guarda caso, rispondendo a quella magica parola che è il “vieni”. Imparerà inoltre il cosiddetto “collegamento”: ogni tanto mi allontano ma torno prontamente a verificare se ci sei.
Gli “abbandoni” sono da ripetersi spesso (una due volte al giorno) e in poco tempo garantiscono un richiamo meraviglioso.
Infine, come detto, per perfezionare ulteriormente il richiamo (e aggiungerci le posizioni ma questo sarà oggetto di futuro articolo) e renderlo quindi sempre più istantaneo, è opportuno ogni tanto chiamare il cane quando è AL GUINZAGLIO e la distanza ce lo permette (guinzaglio a piena estensione).
Il cane riceverà comunque le nostre lodi, le nostre carezze, il premio materiale ogni tanto, ma sarà “costretto” ad avvicinarsi a noi PRONTAMENTE perché sollecitato dall’accorciamento del guinzaglio.
L’utilizzo delle tre tecniche, correttamente alternate, farà si che , divertendosi, il cane arrivi a un richiamo da invidia.